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Scavi di Sibari

  • 87011 Sibari CS, Italia
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Grazie all'iniziativa di Umberto Zanotti Bianco, nel 1932, il sito dell'antica Sybaris fu riportato alla luce. Distrutta violentemente da Kroton nel 510 a C., che deviarono il corso fluviale del Crati sull'abitato, la città rimase nascosta per secoli. La posizione egemonica della colonia, estesa su un vastissimo territorio non ha pari nell’occidente coloniale e tantomeno nel mondo ellenico dell’epoca, ciò ha fatto spesso parlare di un “impero” sotto il controllo di Sibari. La crescente potenza sibarita preoccupò Crotone, il cui territorio arrivava ai margini meridionali di quello sibarita. Il continuo antagonismo tra le due poleis sfociò in una guerra che, nel 510 a.C. vide la sconfitta e la distruzione di Sibari. I Sibariti superstiti tentarono a più riprese di rifondare la città, ma questi tentativi furono sempre vanificati dagli interventi di Crotone. Nel 444 a.C. Pericle, in una fase espansionistica della politica ateniese, accolse le richieste dei sibariti esuli ed organizzò una spedizione coloniale con lo scopo di dare vita ad una colonia panellenica alla spedizione parteciparono molti personaggi illustri tra cui il filosofo Protagora, lo storico Erodoto e l’architetto Ippodamo di Mileto, artefice dell’impianto urbano della nuova colonia. Diodoro Siculo dopo aver riportato le notizie riguardanti le circostanze che portarono alla fondazione della città, rende testimonianza delle notizie riguardanti l’organizzazione urbana . Riporta che lo spazio venne diviso con quattro strade larghe (plateiai) nel senso della lunghezza e tre in quello della larghezza, le aree incluse tra le strade larghe, ulteriormente suddivise tramite strade strette (stenopoi) in modo che, quando questi spazi si presentarono riempiti di case. La città appariva ben pianificata con una pianta quadrata, di cui conosciamo una grande plateia con orientamento nord-sud (detta plateia A) larga 29.50 m. (100 piedi attici) incrociante all’estremità sud una plateia con orientamento est-ovest (plateia B) larga 14.59 m. (50 piedi) corrispondente ad ½ di A. La plateia B dopo 295 m. (1000 piedi) verso est dall’incrocio con la plateia A, intercetta un’altra plateia (detta C) con orientamento nord-sud larga 12.40 m. (40 piedi; 2/5 di A). Si è riscontrata la presenza di stenopoi con andamento est-ovest lungo la plateia A, con intervalli quasi regolari di 35-37 m. e larghi 3 m. mentre nell’altro senso, nord sud, si riscontra la loro presenza ad intervalli di 74 m. circa, ulteriormente divisi da una fogna larga circa 1,80 m. Alla luce degli scavi sembrerebbe quindi possibile ipotizzare una maglia di 390x295 m suddivisa in blocchi di 37x37 m circa creanti due abitazioni a pianta quadrata con un lato di circa 17-18 m. Sempre grazie al racconto di Diodoro siamo in possesso anche dei nomi delle strade di Thurii; le quattro plateiai nel senso della lunghezza sono Eraclea (Herakleia), Afrodisia (Aphrodisia), Olimpiade (Olympias) e Dionisia (Dionysias), mentre le tre nel senso della larghezza sono Eroa (Heroa), Thuria e Thurina. La colonia però non ebbe vita facile, già prima della sua fondazione dovette affrontare dissidi interni nati tra i sibariti esuli e i nuovi coloni, che si risolsero con l’allontanamento dei primi; dovette successivamente fronteggiare Taranto per i territori una volta appartenuti a Siris e i tentativi dei tiranni di Siracusa di estensione dei loro domini, nonché la crescente spinta espansionistica delle popolazioni italiche. In una situazione territoriale di decadenza, sul sito di Thurii fu dedotta nel 194 a .C. la colonia latina di Copia. La città, completamente romanizzata, vivrà un progressivo sviluppo, divenendo nell’84 a.C. municipium romano. La prosperità del centro raggiunse il culmine in età agustea. Nelle fonti letterarie la città continua ad essere chiamata Thurii nonostante sulle monete compaia il nome Copia. Copia-Thurii divenne una tranquilla città dell’impero, ricordata da Cicerone come “luogo appartato, con una campagna ben coltivata e con uno dei pochi porti praticabili della costa Ionica”. In epoca tarda il centro venne gradualmente abbandonato per l’innalzamento della falda acquifera e il conseguente impaludamento che nel VII secolo d.C. portò al definitivo abbandono del sito. Gli scavi Più di venticinque secoli di storia avevano provocato profonde modifiche sul territorio di Sibari, trasformando il suo aspetto e fuorviando le ricerche. L'avanzamento della linea di costa, dovuto ai depositi fluviali del Crati e del Coscile e le modifiche degli alvei dei due fiumi, avevano sviato la ricerca archeologica, che non trovava il riscontro dei testi nella morfologia del territorio. L'esplorazione scientifica del territorio di Sibari ha inizio nel 1879 sotto la direzione dell’ing. F.S. Cavallari, direttore del Museo di Siracusa, che seguendo le indicazioni di Strabone, Erodoto, Diodoro, iniziò a fare le prime ricognizioni tra il Crati ed il Coscile ma le scarse risorse economiche non portarono a risultati di rilievo e gli scavi si interruppero due anni dopo, con la messa in luce della necropoli ellenistica di Thurii. Dieci anni più tardi L. Viola riprese le ricerche, esplorando però una zona molto più a monte del sito di Sibari; i suoi scavi lo portarono a scoprire un'importante necropoli enotria ed un insediamento del periodo del bronzo-ferro (XII-VIII sec. a.C.) nell'area di Torre Mordillo. Nel 1908 P. Orsi cercò di far ripartire gli scavi ma, a causa di grandi difficoltà legislative e organizzative, non vi riuscì. Solo nel 1932 U. Zanotti Bianco condusse una larga serie di sondaggi si dando il via ai primi tentativi archeologici che cominciarono a portare alla luce il sito di Sibari. Lo scavo sistematico del sito inizia però soltanto nel 1967 e per un decennio va avanti senza sosta, dopo una fase di prospezioni elettromagnetiche e carotaggi, che mappano il territorio di Sibari per finalizzare le ricerche nei settori di maggiore concentrazione archeologica. Fin da subito risultò evidente la complessa stratigrafia dovuta alla sovrapposizione di tre città sullo stesso sito, seppur non totale e con diversa estensione. Gli scavi sono stati ripresi nel 1991 fino al 1999. Le aree di scavo fino ad ora indagate son quelle dei cantieri di Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casabianca, Stombi e Oasi Lo scavo sistematico del sito inizia però soltanto nel 1967 e per un decennio va avanti senza sosta, dopo una fase di prospezioni elettromagnetiche e carotaggi, che mappano il territorio di Sibari per finalizzare le ricerche nei settori di maggiore concentrazione archeologica. Fin da subito risultò evidente la complessa stratigrafia dovuta alla sovrapposizione di tre città sullo stesso sito, seppur non totale e con diversa estensione. Gli scavi sono stati ripresi nel 1991 fino al 1999. Le aree di scavo fino ad ora indagate son quelle dei cantieri di Parco del Cavallo, Prolungamento Strada, Casabianca, Stombi e Oasi

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