Annie Cohen Kopchovsky
Mosca, Russia
La trippa è un piatto povero che utilizza le cavità che stanno tra l’esofago e lo stomaco del bovino: il rumine la parte più importante, il reticolo e l’omaso detto anche libro o centopelli. Dal punto di vista nutrizionale è molto ricca in proteine e povera di grasso, quindi digeribile ma a volte pesante per i condimenti aggiunti. In Toscana si cucina con i pomodori, dopo la scoperta delle Americhe. L’origine sembra attribuibile alle popolazioni barbariche, l’etimo è molto antico, addirittura dell’epoca preistorica e della lingua celtica; in effetti troviamo la parola stripanan da cui deriva streifen tedesco e stripe inglese (striscia); da trippa deriva il termine trippaio, colui che vende trippa e lampredotto a Firenze. Curioso è il famoso detto “Non c’è trippa per gatti”, che ha curiose origini romane. Ernesto Nathan, sindaco di Roma dal 1907 al 1913, decise di cancellare dal bilancio comunale l’acquisto della trippa, divenuta troppo costosa. Questa era acquistata per i gatti, indispensabili per cacciare i topi in Campidoglio. Da qui il famoso detto teso a indicare la penuria di mezzi. La trippa alla maremmana, rispetto a quella alla fiorentina presenta l’aggiunta di salsiccia e vino rosso, che fa diventare la ricetta più saporita e gustosa.
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