tre templi greci di Paestum, costruiti tra VI e V sec. a.C., sono insieme a quelli di Atene ed Agrigento gli edifici templari meglio conservati dall’età classica. Sin dal ‘700 il sito ha attirato viaggiatori ed artisti come Piranesi e Goethe. Dal 1998, Paestum è patrimonio dell’UNESCO.
La costruzione dei templi cominciò pochi decenni dopo la fondazione della città di Peastum, che in origine si chiamò Poseidonia, intorno al 600 a.C. Furono coloni provenienti dalla città di Sibari (in Calabria) ad insediarsi a Sud del fiume Sele, vicino agli Etruschi di Pontecagnano a Nord e ai popoli indigeni che abitavano le montagne a Est.
I templi sorgono nella parte centrale della città, che si estende per oltre 120 ettari ed è circondata da una cinta muraria, anch’essa tra le meglio conservate che conosciamo. Tra i templi era collocato il “mercato”, cioè la piazza centrale dove si tenevano le assemblee dei cittadini e si venerava la tomba (vuota, in realtà) del mitico fondatore di Peastum.
Intorno ai templi e al mercato si estendevano i quartieri abitativi. I resti di case, terme e botteghe che si possono vedere oggi sul sito risalgono in gran parte all’età imperiale (I-V sec. d.C.), mentre ignoriamo ancora molti aspetti dell’abitato greco.
Le più antiche testimonianze dell’insediamento greco sono state rinvenute nei santuari urbani, nelle tombe individuate fuori le mura e nel santuario di Hera Argiva alla foce del Sele, a 9 km circa da Paestum.
Nella seconda metà del V sec. a.C., la città viene conquistata da genti italiche, non-greche (chiamati Lucani da alcune fonti); cambiano sia la lingua (dal greco al c.d. osco) sia la cultura materiale e i riti funerari. Non mancano però elementi di continuità, come per esempio il permanere della funzione dei templi.
Nel 273 a.C. avviene un nuovo cambiamento incisivo: a seguito dell’espansione romana, si istalla a Paestum una colonia latina. Da ora in poi, Paestum si annovera tra le tante città “romane” della penisola. Intorno al I sec. d.C., i quartieri abitativi probabilmente erano molto simili a quelli di Pompei ed Ercolano, conservatisi sotto i lapilli del Vesuvio.
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