Il substrato geologico dell'area dei calanchi si caratterizza per la presenza di un basamento calcareo su cui si sono sovrapposti nel tempo vari strati argillosi misti a sabbia e a materiale calcareo, dalla cui unione si origina un "impasto" facilmente sgretolabile.
I calanchi sono un fenomeno erosivo conseguenza da un lato delle citate caratteristiche del terreno, dall'altro delle particolari condizioni climatiche di quest'area: durante le secche estati di queste zone il sole provoca l'essiccazione del terreno (i calanchi si formano infatti prevalentemente su versanti esposti a sud), che favorisce la formazione di fessure, in cui, nei piovosi mesi invernali, penetra l'acqua meteorica provocando lo smottamento del terreno. La loro formazione risente inoltre degli estesi fenomeni di disboscamento selvaggio attuati in queste aree tra l'800 e il primo '900.
I calanchi assumono forme molto diversificate: i fronti calanchivi, caratterizzati da una forma concava e segnati da innumerevoli rivoli; i calanchi mammellonari, piccoli rilievi tondeggianti posti uno sopra l'altro; le biancane, piccoli rilievi tondeggianti isolati, che prendono il nome dalla presenza in estate di una patina bianca che ne riveste la superficie, conseguenza della trasudazione salina; i fossi calanchivi, posti uno accanto all'altro e divisi da sottili crinali; i calanchi a lama di coltello.
Nonostante il fenomeno dei calanchi provochi l'accelerazione dei processi di desertificazione del territorio e renda sterili ed inutilizzabili da un punto di vista agricolo vasti terreni, la peculiarità e la singolarità del fenomeno stesso induce a perseguirne la valorizzazione ambientale e turistica.
Molto spazio trovano d'altronde i calanchi nella letteratura. Carlo Levi nel "Cristo si è fermato ad Eboli" così li descrive: "... e d'ogni intorno altra argilla bianca senz'alberi e senz'erba, scavata dalle acque in buche, in coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare ..." e ancora " ... e da ogni parte non c'erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come liberate nell'aria". Albino Pierro, poeta di Tursi, dedica ai calanchi una poesia "'A jaramme" e definisce la sua terra "a terre de iaramme", la terra dei burroni, proprio in virtù della forza dei calanchi nella definizione della struttura del paesaggio di questi luoghi.
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