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Basilica di Sant'Apollinare in Classe

  • Via di Roma, 52, 48121 Ravenna RA, Italia
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Luoghi religiosi
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Description

La Basilica di Sant'Apollinare in Classe si erge grandiosa e solenne a circa 8 km dal centro di Ravenna. Fu edificata da Giuliano Argentario su ordine dell'arcivescovo Ursicino durante la prima metà del VI sec. su una precedente area cimiteriale in uso tra la fine del II e l'inizio III secolo, dove sembra abbia trovato sepoltura lo stesso protovescovo Apollinare. Lo splendore dell’edificio - testimoniato dal protostorico Agnello nel IX secolo - ed il tema iconografico svolto nella decorazione musiva dell’abside, è da mettere in relazione, dopo la conquista bizantina nel 540, con il potere della Chiesa ravennate, che con il primo arcivescovo Massimiano assume un ruolo di primo piano in stretto rapporto con l’Imperatore d’Oriente Giustiniano. Infatti dopo il regno dei Goti e l’espansione del culto ariano si riconferma a Ravenna l’ortodossia e l’arcivescovo nominato dall’imperatore e investito di poteri senza precedenti trae dalla storia della Chiesa locale con l’esaltazione del primo vescovo Apollinare motivo di celebrazione nella basilica di Classe. Nel XVI secolo la Basilica subì la spoliazione dei marmi interni, posti in opera per la costruzione del Tempio Malatestiano di Rimini, quando i monaci camaldolesi abbandonarono il luogo per insediarsi nel Monastero Classense in città. La facciata a capanna della basilica era preceduta da un quadriportico di cui oggi resta solo il nartece (o ardica), ampiamente ricostruito, che si concludeva con due torrette alle estremità (resta solo quella settentrionale ricostruita). All’inizio del X secolo risale il campanile alto 37,50 metri, scandito da feritoie, monofore, bifore e trifore sovrapposte che ne alleggeriscono la possente struttura muraria, esempio tra i più interessanti dei caratteristici campanili ravennati a sviluppo cilindrico. Più tarda (XI secolo) appare la parte superiore. L’interno della basilica, coperto a tetto con strutture a capriate lignee, è suddiviso in tre navate da ventiquattro colonne in marmo greco venato, dotate di basi a parallelepipedo decorate con motivo a losanga e capitelli a foglie d’acanto mosse dal vento, sormontati dai caratteristici pulvini tronco-piramidali. La qualità dei marmi e della lavorazione dei capitelli, le proporzioni di ampio respiro dell’interno, la soluzione absidale con sviluppo poligonale all’esterno e circolare all’interno, la presenza degli ambienti ai lati dell’abside (pastophoria), unitamente alla decorazione musiva del catino e dell’arco trionfale ed alla luminosità conferita dalla serie delle ampie monofore, contribuiscono alla definizione di uno spazio dove la materia tende a dissolversi in luce ed astrazione simbolica. L’abside è stata poi soprelevata nel IX secolo per l’introduzione della cripta semianulare con corridoio centrale. Nell’altare sono conservate le ossa del santo titolare, la cui originale sepoltura era nei pressi della Basilica e poi fu introdotta nella chiesa ad opera di Massimiano nel VI secolo, come ricorda l’epigrafe "In hoc loco stetit arca …" collocata sul lato meridionale. La decorazione musiva del catino absidale risale al VI secolo, fatti salvi i due pannelli laterali (VII secolo), mentre d’epoche successive risultano le decorazioni dell’arco trionfale (VI - XII secolo). Nel catino la rappresentazione si svolge tra il cielo e l’incanto di un verde paesaggio paradisiaco ricco di rocce, alberi, fiori ed uccelli variopinti. Un grande clipeo racchiude il cielo trapunto da novantanove stelle che circondano una grande croce gemmata includente il busto di Cristo barbato. Le scritte presenti sottolineano il significato della croce, simbolo di salvezza, dall’acrostico ictùs (pesce) alla frase salus mundi fino alle lettere alfa e omega (il principio e la fine) ai lati della croce. Più in alto la mano di Dio esce da una nube, mentre ai lati i busti emergenti di Mosè ed Elia e tre pecorelle (gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni) si riferiscono simbolicamente alla Trasfigurazione sul Monte Tabor. Al centro della rappresentazione, in atteggiamento orante, si staglia la grande figura del Santo Apollinare con la tunica bianca e la casula punteggiata da api d’oro, simbolo d’eloquenza, a testimoniare la glorificazione della Chiesa di Ravenna. Attraverso la sua parola la schiera dei fedeli (le dodici pecorelle nel registro inferiore della volta) possono accedere alla beatitudine del Paradiso. Vi è una corrispondenza simbolica tra la croce, la figura del santo ed i quattro presuli (Ecclesius, Severus, Ursus, Ursicinus) rappresentati nella parte inferiore dell’abside entro nicchie sormontate da conchiglie. Il tema figurativo unisce nella gloria di Dio tutta la Chiesa di Ravenna, celebrata dall’arcivescovo Massimiano per potenziarne l’autorità, segno di un attento programma politico-religioso. La sinopia, ora al Museo Nazionale, ritrovata sotto la serie delle pecorelle, si riferisce ad un precedente programma iconografico poi cambiato in corso d’opera. Dei due pannelli laterali dell’abside (VII secolo) quello a sud illustra una sintesi dei sacrifici di Abele, Melchisedec e Abramo che precorrono il sacrificio dell’eucarestia; la scena a nord è interpretata come il riconoscimento della autocefalia della Chiesa di Ravenna fatta dall’imperatore Costante II (666) all’arcivescovo Mauro oppure come la consegna delle immunità tributarie fatta da Costantino IV a Reparato nel 675. La scena è ampiamente integrata con tecnica a colori imitanti il mosaico. La decorazione dell’arco trionfale è suddivisa in cinque zone orizzontali, datate a diversi periodi fra VI e XII secolo. Sulla sommità è il medaglione con il busto di Cristo (IX secolo) ai cui lati, su uno sfondo blu ornato di nubi, sono raffigurati i simboli degli Evangelisti. Nella seconda zona due teorie di agnelli che simboleggiano gli Apostoli (VII secolo) escono dalle porte delle città gemmate, muovendo presso il ritratto di Cristo. Sotto le due palme (VII secolo) rappresentate a destra e a sinistra nella fascia centrale, sui pilastri dell’arco sono le figure degli Arcangeli Michele e Gabriele (VI secolo) sontuosamente vestiti da cerimonia e recanti labari con un’iscrizione greca inneggiante al Signore e ripetuta tre volte. Infine nel registro inferiore i busti degli apostoli Matteo e Luca (XII secolo) sono inseriti in piccoli pannelli. Lungo le pareti della navata centrale sono visibili i ritratti dei vescovi e arcivescovi di Ravenna, dipinti entro cammei circolari nel XVIII sec., residui dei più vasti apparati decorativi effettuati nel XVIII secolo, e poi eliminati nel corso dei restauri diretti da Corrado Ricci all’inizio del XX secolo. Nell’interno della basilica sono ancora in sito due vasti stralci dell’originale pavimentazione musiva; il tratto nella navata settentrionale è sormontato dal ciborio (IX secolo) proveniente dalla scomparsa chiesa di Sant' Eleucadio. Sono presenti inoltre numerose iscrizioni e sarcofagi testimonianti l’evoluzione della scultura ravennate tra V e VIII secolo, dalle rappresentazioni a figure in rilievo (di cui è un esempio il sarcofago dei dodici apostoli) fino ai motivi simbolici resi con modellato piatto. Dal 1996 la Basilica di Sant' Apollinare in Classe fa parte dei monumenti tutelati dall’Unesco.

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